Esorcismo in Italia, Don Leone Iorio

Esorcismo In Italia, Don Leone Iorio

Nel Bel Paese non c’è posto che non nasconda un mistero, una leggenda, una storia. Parliamo di esorcismo in Italia, piena di luoghi dove si scontrano, da millenni, diavolo e acqua santa.

Uno dei luoghi santi, dedicati agli esorcismi, dove la devozione sta nel praticare, assistere e invocare il combattimento tra le schiere del male e i difensori del bene, è un paesino dell’Irpinia, Andretta (AV).

La fama del suo santuario è legata alla vita e all’operato di Don Leone Iorio, un sacerdote che negli anni è stato uno dei più efficaci esorcisti italiani, vantando tra i suoi allievi il noto padre Gabriele Amorth. Non si contano gli aneddoti legati all’esorcismo operati dal sacerdote, venuto a mancare alcuni anni fa.

Don Leone Iorio, classe 1920, ha praticato, in Irpinia, migliaia di preghiere di liberazione e diversi esorcismi. Riuscendo a distinguere gli interventi del demonio dalle malattie mentali.

Quello che segue è il racconto di un esorcismo in Italia fatto da don Leone Iorio. Ad essere liberata dal demonio è stata una donna:

“Dico:
San Bernardo sostiene che se sei Demonio tu non puoi mordere, sei come un cane legato alla catena.
Non puoi mordere se non si avvicina la mano e io non avvicino la mano.
Ah! Perciò ne approfitti. Avvicinati.

Ma io non mi avvicino e chiamai degli uomini che la tenessero. Uno la mano, l’altro l’altra mano, due uomini le gambe, altri due uomini… Il marito si mette sopra il petto a cavalcioni. Chi le teneva la testa, chi la teneva…

Quella era rovente. Cercai di fare tutto ciò che diceva il rituale nei minimi particolari.

Una cosa ricordo con precisione: le diedi a baciare le medaglie. In maniera veloce, non umana, porta quelle medagliette tra i denti, le rende filiformi e le sputa. Venti medagliette, anzi diciannove, perché la ventesima cercai di conservarla… Quindi c’è una presenza diabolica. Tra i denti come faceva in una maniera veloce a rendere filiformi quelle medagliette e a sputarle?

Frattanto la donna grida, si dimena fino a quando non parte l’ultima medaglietta. Allora io dissi:

Sentite, faccio il mio dovere. Leggo tutto quello che dice il rituale poi mi ritiro.

Una volta sola, lei finge di essere svenuta, addormentata. Uno credette a questa finzione e allentò la mano. Fu velocissima, imprevedibile, afferrò la cotta, la stracciò tra i denti, la sputò. Alla fine uno svenimento totale per cui ebbi paura. Chissà che sotto queste varie convulsioni non abbia avuto qualche attacco cardiaco.

Chiamate il medico.

Il dottore non fu chiamato da nessuno, perché i presenti e don Leone per primo, oramai erano convinti che si trattava di un fatto diabolico. Trascorsero alcuni minuti di relativa quiete, bianca in viso, la sventurata si sveglia, si alza, non cosciente dell’accaduto, chiede: “Che cosa è successo? Perché state qui?“.
Finalmente era libera!


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