Quell’uomo sfidava la sorte, abbandonandosi alle tentazioni di Satana, forse per un atto di ribellione contro una classe dominante, in quel periodo rappresentata dalla Chiesa, era il Diavolo di Porta Romana.
Ludovico Acerbi era considerato da molti l’incarnazione del diavolo. Siamo nella Milano del XVII secolo e “il diavolo di Porta Romana” abitava al civico 3, dove ancora oggi si trova lo storico Palazzo Acerbi con i suoi ampi saloni interni decorati da marmi, statue e dipinti fra i più belli dell’epoca.
Nel 1630, l’anno “horribilis” in cui la peste colpì Milano mietendo migliaia di vittime innocenti, per le strade si aggirava un misterioso personaggio che non si preoccupava affatto del flagello demoniaco e organizzava ricevimenti opulenti, con tanto di festini e orge, dilapidando una fortuna.
E i nobili, suoi ospiti, sono stati tra i pochi a sopravvivere alla peste, rafforzando la credenza dei milanesi che Belzebù in persona ha vissuto in quelle stanze.
“… vi erano larve sedute a congresso da un uomo con aspetto di principe ma con la fronte infuocata e occhio fiammeggiante”.
L’Acerbi, marchese di Cisterna, aveva un aspetto inquietante ed era solito girare con una sontuosa carrozza nera con finimenti d’argento trainata da sei cavalli neri, leggendo le cronache del tempo scopriamo che un contadino, dopo aver eseguito dei lavori all’interno del palazzo, raccontava in questo modo quanto vi accadeva: “… vi erano larve sedute a congresso da un uomo con aspetto di principe ma con la fronte infuocata e occhio fiammeggiante”.
E ancora, da un anonimo cronista che abitava in zona: “… di anni cinquanta, con barba quadra et longa, né magro né grasso, né bianco né nero. Comparisce ogni giorno in carrozza superbissimo con sedici staffieri giovani, sbarbati, vestiti di livrea verde dorata e con assai copia di gioie e sei cavalli tirano la sua carrozza”. Un uomo che incuteva timore, soprannominato appunto il Diavolo di Porta Romana.
Nei mesi in cui la città si svuotava, il Lazzaretto non aveva più posto per ricoverare i malati, e spesso i cadaveri venivano lasciati in strada per giorni in attesa di una degna sepoltura, c’era lui, la cui unica preoccupazione era organizzare sontuosi festeggiamenti per la nobiltà milanese!
Nella nebbia che avvolgeva la città, con tutto il suo dramma, potevi vedere le finestre del palazzo sempre illuminate, mentre l’epidemia diventava più virulenta.
E così, mentre fuori imperversava la morte e si sentivano i lamenti agonizzanti degli ammalati, da quelle stanze riecheggiavano musica e risate, e il popolo stremato cominciò a sospettare che in realtà il marchese era il diavolo in persona, tutto quello sfarzo era dovuto a un incantesimo che proteggeva le mura del palazzo, visto che nessuno dei residenti e di chi partecipava alle feste di Palazzo Acerbi fosse colpito o morisse di peste.
bello!
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