Il mistero del fantasma di Madonna Giselda affonda le sue radici nella leggenda che impregna da secoli il castello di Naro, in provincia di Agrigento.
Questa è una tragica storia di sangue e di delitti consumata in un antico mastio siciliano, che dal monte Agragante sovrasta campagne lussureggianti con estesi mandorleti.
Il luogo dove si manifesta il fantasma di Madonna Giselda è il castello chiaramontano di Naro, un edificio la cui costruzione originale è attribuita ai giganti, primi abitanti della Sicilia, e largamente rimaneggiato in epoca chiaramontana, nel XIV secolo.
Il maniero fu dimora del re Federico III d’Aragona che proprio dalle sue sale, intorno al 1309, promulgò i 21 capitoli del regno, riguardanti il buon governo delle terre e città del Regno di Trinacria e nel 1330 fece costruire l’ampia torre quadrata, in cui è scolpito lo stemma della famiglia Aragona.
Nel 1398 il castello di Naro ospitò il re Martino il Giovane e la regina Maria, nello stesso periodo in paese vennero edificati il convento e la chiesa del S.S. Salvatore.
Il castello, dichiarato monumento nazionale nel 1912 è visitabile, comprende le mura di cinta con cammino di ronda, intervallate da due torri cilindriche e da due torri quadrangolari e l’imponente mole del maschio.
Oltre allo scudo aragonese, già citato, sul lato est della torre si possono ammirare due bifore in stile gotico che illuminano la grande “Sala del Principe“, posta al primo piano della torre. Mentre il portale d’ingresso è a sesto acuto con a lato due bastioni rettangolari.
La tragica vicenda di madonna Giselda, castellana dalle chiome nere e dagli occhi azzurri e tristi, si è consumata tra queste mura.
Era una notte di luna piena, e paggio Beltrando, accompagnandosi con le dolci note del suo liuto, cantava sulla terrazza tutto il suo amore per la giovane donna. Improvvisamente sorpreso dal geloso marito, Pietro Giovanni Calvello allora Signore di Naro, Beltrando fu ucciso e gettato giù dalla torre. Madonna Giselda venne rinchiusa in una cella buia e fredda, dove finì i suoi giorni nella disperazione.

Dopo secoli, ancora oggi, il suo fantasma appare nelle notti d’autunno, sotto il chiaro di luna, una sagoma bianca vaga disperata per la terrazza del Castello alla ricerca dell’amato Beltrando, accompagnata dal canto struggente di un piccolo usignolo.