La chiesa di San Bernardino alle Ossa è situata in piazza Santo Stefano e conosciuta in passato anche come San Bernardino ai Morti. Ha una cappella ossario, le cui pareti sono ricoperte da migliaia di ossa umane che formano vere e proprie decorazioni.
Siamo nel cuore di Milano, in un luogo poco conosciuto in Italia, macabro e anche molto inquietante. Omeri, tibie, teschi e femori decorano le pareti di un ossario in una piccola chiesa che, nonostante l’atmosfera lugubre, riesce a conservare ancora oggi il suo fascino.
Per arrivare alla chiesa di San Bernardino alle Ossa bisogna percorrere vicolo di San Bernardino, anticamente cosiddetta “Stretta dei Morti“. Un tempo i vicoli della città meneghina si chiamavano “Stretta”, famosa per esempio è “Stretta Bagnera”, per i delitti del primo serial killer milanese Antonio Boggia.
Le origini dell’edificio di culto risalgono al 1127, quando Gottifredo de Busseri, antenato del più celebre e omonimo presbitero Goffredo da Bussero, fondò l’Ospedale di San Barnaba in Brolo, che divenne il terzo rifugio per trovatelli della città. Nei pressi dell’ospedale venne edificato un cimitero per accogliere i corpi dei defunti.
La capienza del cimitero si dimostrò ben presto insufficiente, e nel 1210 venne costruita una camera destinata ad accogliere le ossa provenienti dal cimitero, al fianco del quale nel 1269 sorse una piccola chiesa, che fu dedicata a Maria Addolorata e ai santi Ambrogio e Sebastiano. La dedica della chiesa a San Bernardino da Siena avvenne solo nel XV secolo, quando l’edificio fu concesso in uso alla confraternita dei Disciplini e quindi dedicato al santo un tempo appartenente all’ordine.

L’interno ha pianta ottagonale, con altari marmorei barocchi e due cappelle laterali. Davanti all’altare maggiore vi è una grata da cui si intravedono gli scalini che portano ad una grande cripta: qui vi è il sepolcreto dei Disciplini, la confraternita fondata a Perugia da Ranieri Fasani nel 1260 e presente a Milano dal 1300.
Lungo i lati sono disposte ventuno nicchie in muratura, dalla forma di stalli di un coro, su cui venivano adagiati i confratelli defunti. Gli adepti praticavano una rigida disciplina liturgica e spirituale e prestavano assistenza ai bambini abbandonati, agli infermi, ai condannati a morte. Indossavano una tonaca bianca con cappuccio che copriva la testa e il viso, con due feritoie per gli occhi, e un cordone legato alla vita che scendeva sino a toccare terra. Sul lato destro della tonaca c’era una corona, e sul petto una croce rossa.
Proseguendo lungo uno stretto corridoio, si accede all’ossario, con una volta affrescata nel 1695 da Sebastiano Ricci. Le pareti interne dell’edificio, a pianta quadrata, sono quasi interamente ricoperte di teschi ed ossa che si trovavano nell’antico ossario, assieme a quelle che vennero riesumate nei cimiteri soppressi dopo la chiusura dell’ospedale locale, avvenuta nel 1652. Tutte le ossa vennero disposte nelle nicchie, sul cornicione, adornando i pilastri, fregiando le porte. In questo motivo decorativo, il lato macabro si fonde perfettamente con la grazia dello stile rococò.

Nel 1738 re Giovanni V del Portogallo, in visita a San Bernardino alle Ossa, rimase talmente colpito dalla cappella, che decise di costruirne una identica a Évora, una località vicino Lisbona: la cappella è nota come “Capela dos Ossos“.
La stretta dei Morti e l’ossario di San Bernardino sono sicuramente dei luoghi da brivido da visitare, e il lato inquietante non finisce qui, infatti, secondo una leggenda sulla sinistra dell’altare, in mezzo alle altre ossa, pare sia sepolto anche lo scheletro di una bambina. La notte dei morti la fanciulla esce dal suo tumulo, passando per uno stretto pertugio, trascinando con sé gli altri defunti. Gli scheletri ricomposti inscenano nel mezzo della cappella una danza macabra assieme agli scheletri dei giustiziati, sistemati sopra la porta d’ingresso. L’orribile suono delle ossa in movimento si sente anche fuori dalla cappella.